Si sottolinea sempre più spesso come gli smarthphone siano diventati una “protesi umana”, non potendo più vivere senza di essi. Da questa considerazione, dunque, sono partito per scrivere l’ultima puntata della mia rubrica mensile dedicata all’economia circolare.
Dagli smartphone ricondizionati, dei quali abbiamo scritto alcuni mesi fa, alle cover eco-compatibili il passo, o meglio lo sfiorar di dita, è breve.
I telefonini di ultima generazione, che in pochi click ci consentono di videochiamare un parente che si trova negli Stati Uniti o di ammirare gli scatti professionali della nostra influencer preferita che descrive la meraviglia dei paesaggi pugliesi, sono accessori sempre più indispensabili e utili, senza i quali non riusciremmo più a vivere.
Non stupisce, dunque, che per la loro valorizzazione nascano anche soluzioni green come le cover realizzate con materiali naturali o riciclabili. Per una esperienza d’uso certamente aumentata, ma soprattutto personalizzata.
Alle primissime sperimentazioni in plastica riciclata o biodegradabile, infatti, si sono aggiunte, negli ultimi anni, anche soluzioni che impiegano il sughero, il bambù, il vetro e il cartone.
Alcune startup, inoltre, proprio con il cartone hanno scelto di comporre anche il packaging per prodotti integralmente sostenibili, ben consapevoli che proprio il mercato degli imballaggi è finito sotto la lente degli analisti ambientali per essere quello maggiormente responsabile dell’inquinamento dei mari o dei paesaggi costieri.
La scelta di packaging biodegradabili, pertanto, oltre a ridurre la mole di rifiuti di difficile gestione va nella direzione sempre più enfatizzata dall’Unione Europea dell’economia circolare per la quale occorre non solo trasformare gli scarti in materie prime seconde, ma anche di ridefinire il concept delle merci (e anche degli smartphone) sin dalla fase di progettazione al fine di mitigare gli effetti sull’ambiente al termine del loro ciclo di vita.
Non va trascurato, infine, un ultimo aspetto: i rifiuti elettronici – i cosiddetti RAEE – per la loro complessa articolazione non sono sempre immediatamente de-frammentabili perché sono necessarie specifiche tecnologie per il recupero dei materiali costituenti e in un momento storico nel quale il costo delle materie prime è in costante aumento servirebbe, probabilmente, una spinta ancora più forte delle imprese verso una transizione che non sia soltanto ecologica, ma anche etica e più socialmente giusta.
Per il bene del pianeta e delle prossime generazioni.